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Giornata mondiale del veganesimo: una dieta con ridotto consumo di carne può evitare milioni di morti premature e abbattere del 15% le emissioni

Giornata mondiale del veganesimo: una dieta con ridotto consumo di carne può evitare milioni di morti premature e abbattere del 15% le emissioni.

Ma l’Europa rema contro. Biolab: “dall’Eu misure irrazionali che ostacolano la transizione green e danneggiano un settore del Made in Italy in forte crescita”

 

 

30 ottobre 2025 – L’adozione su scala globale della Dieta della Salute Planetaria potrebbe ridurre del 27% il rischio globale di morte prematura, evitando fino a 15 milioni di morti all’anno, e diminuendo fortemente il rischio di malattie croniche, come cancro, diabete di tipo 2 e problemi cardiovascolari. Non solo, la dieta avrebbe anche un forte impattato ambientale e farebbe scendere le emissioni di carbonio legate alla produzione di cibo di oltre il 15% rispetto al 2020. E’ quanto emerge dal Rapporto 2025 della EAT-Lancet Commission, presentato come la più completa valutazione scientifica globale sui sistemi alimentari.

La Commissione, che riunisce esperti di agricoltura, salute, economia, giustizia sociale, nutrizione e scienze ambientali provenienti da 17 Paesi del mondo, ha lo scopo di informare pubblico e decisori su come trasformare i sistemi alimentari, per garantire una dieta salutare e sostenibile per il pianeta, compatibile con una popolazione in crescita che, secondo le stime, arriverà a 9,6 miliardi di persone nel 2050.
La dieta della salute raccomandata dalla Commissione prevede un’alimentazione a base di cereali integrali, frutta e verdura, frutta secca, legumi, con un apporto molto moderato di proteine animali. Per raggiungere questo obiettivo su scala globale, la EAT-Lancet Commission stima che la produzione di legumi dovrebbe aumentare fino al 190% e quella di verdure del 42-48%, mentre la produzione animale dovrebbe diminuire del 22-27%.

Tutti cambiamenti che i consumatori italiani stanno recependo da tempo. Secondo l’ultimo Rapporto pubblicato da Eurispes nel maggio scorso, il 9,5% della popolazione dai 18 anni in su non mangia carne, con i vegani che rappresentano il 2,7% della popolazione, con un lieve aumento dello 0,6% rispetto al 2024. Percentuali che sono rimaste più o meno stabili nell’ultimo anno ma che hanno visto quadruplicare i loro numeri tra il 2014 e il 2024. Parliamo pur sempre di scelte di nicchia ma si tratta di un trend che merita una forte attenzione da parte della politica e dell’opinione pubblica e che si inserisce in un contesto mondiale che vede un aumento costante di persone che scelgono proteine alternative a quelle animali.

Per tutti questi motivi il settore del Plant based ha avuto una forte impennata in questi ultimi anni, e nel nostro Paese è diventato uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy, trainando anche la filiera agricola, spesso biologica, che costituisce la materia prima alla base della produzione.

In Europa, dove il settore fattura 6 miliardi di euro, l’Italia si piazza al terzo posto per produzione e consumi dietro a Germania e Inghilterra e produce un giro di affari di circa 640 milioni di euro con una crescita del 16,4% rispetto al 2022 e del 7,6% rispetto al 2023.

Non è un caso che Biolab, una delle maggiori aziende italiane di plant based, solo 8 anni fa fatturava 8 milioni e ora chiude il 2026 a 26 milioni, contando 170 dipendenti.
“Siamo convinti – dice Massimo Santinelli, fondatore e Ceo di Biolab, – che produrre carne e pesce a base vegetale e incoraggiare i cittadini a consumare questi prodotti può rappresentare una vera inversione di tendenza rispetto al cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità dei suoli e alla desertificazione dei nostri mari”.

Eppure, la politica europea sceglie di andare in controtendenza rispetto alla crescente consapevolezza della popolazione tanto che è tornata a ostacolare fortemente il settore plant based, vietando l’utilizzo in etichetta di denominazioni che richiamano alla carne. Una misura voluta dai popolari e approvata dalla maggioranza del Parlamento Ue pochi giorni fa.
Così, a partire dal 2028 i produttori non potranno più etichettare come “burger veg”, o “hamburger di soia”, o “salsiccia di lenticchie” i propri cibi vegetali.

“Risulta del tutto irrazionale da parte dell’Europa – aggiunge Santinelli – la volontà di danneggiare un settore che rappresenta, ad oggi, l’unica alternativa valida al consumo di proteine animali. E’ evidente come questa misura nasconda, dietro la sbandierata difesa del consumatore considerato incapace di distinguere un burger di carne con uno vegetale, l’obiettivo di proteggere la lobby della carne sempre più in difficoltà. La politica – conclude Santinelli . invece di scoraggiare il consumo di proteine vegetali, dovrebbe incoraggiarne la produzione e contribuire a informare i consumatori spingendoli sempre più verso scelte in linea con le esigenze di una reale transizione ecologica non più rimandabile”.

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